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Questo luogo è terribile
TERRIBILIS EST LOCUS ISTE

Imago Dei

Qual è il volto di Dio?

‘Imago Dei’ è un’esposizione pittorica di 7 dipinti, realizzati con la tecnica del ‘Temporama Alchemico’ da  Francesco  Filippelli,  che  prova  a rispondere a questa domanda.

Ciascuno dei 7 dipinti, disposti come indicato sopra, indica un punto nell’enneagramma, rappresentazione schematica proposta dal filosofo armeno I. Gurdjeff, valida per qualunque processo universale autoconsistente. Nel contesto espositivo la figura completa, a nove punti, si realizza solo quando osservatore (punto 4) e autore (punto 5) sono presenti nel luogo dell’esposizione.

L’intento dell’esposizione è quello di  introdurre  l’osservatore  ad  un viaggio, nel tempo e nello spazio,  che  mostra  come  l’archetipo  di  Dio  si sia realizzato in immagine nel corso  della  storia,  dall’antichità  fino  ai nostri giorni.

Questa breve storia dell’immagine di Dio inizia con l’origine della vita senziente, simboleggiata (come accade in molte tradizioni religiose) dal soffio vitale. In questo caso il soffio  parte  da  una  divinità  del  mondo antico, Eolo (punto 1), dio dal vento. La morte di Medusa (punto 2), decollata, simboleggia la fine dell’antichità e l’inizio di  una  nuova  era: quella Cristiana.

I tre protagonisti della Passione di Cristo simboleggiano qui i tre punti triangolari dell’enneagramma, che stanno per forza attiva (punto 6, Giuda, che innesca il processo con il suo tradimento), forza passiva (punto 3, Maria, madre in lutto) e forza rinconciliante (punto 9, Cristo, l’assoluto che accoglie la morte e la tramuta in nuova vita).

Con gli ultimi due dipinti passiamo infine all’età moderna, in cui non è Dio a diventare uomo (come accade nella tradizione Cristiana) ma è l’uomo a diventare Dio (punto 7, Maradona che diventa Cristo flagellato). Il processo di divinizzazione dell’uomo porta catastroficamente al suo martirio, autoinflitto, ma porta anche alla morte di Dio, intesa come negazione di ogni forma di spiritualità.

La risposta dell’autore all’assolutismo materialista risiede infine nell’ultimo dipinto (punto 8, Madre Teresa di Calcutta che  diventa Hitler), che realizza in immagine il concetto esoterico di unione degli opposti come caratteri distinti di una stessa natura.

Tecnica del Temporama Alchemico

Ritratti in trasformazione

Un passo che, in pittura, non era mai stato compiuto prima d’ora: abbattere il muro dell’atemporalità.

La tecnica pittorica del ‘Temporama Alchemico’ è un’invenzione  di Francesco Filippelli, il  cui  brevetto  è  stato  depositato  nel  2021. Attraverso un processo puramente pittorico  che  prevede  la sovrapposizione alternata di sottili velature  di  colori  classici (chimicamente stabili) e colori realizzati  con  del  pigmento  reattivo, l’autore riesce a creare dei dipinti su tela che si  trasformano autonomamente e ciclicamente, indipendentemente  dall’osservatore  e senza l’ausilio di strumenti digitali (come luci, proiettori e quant’altro).

Il termine ‘Temporama’ nasce da un’analogia con il termine ‘panorama’. Infatti, come affacciandosi a contemplare un panorama è possibile cogliere un’ampia porzione di spazio, considerando il tempo come una dimensione è possibile affacciarsi mentalmente su una linea che si estende dall’origine dell’Universo fino alla sua remota fine, e in cui noi, nel presente, occupiamo solo un punto infinitamente piccolo. In questa visione un periodo (‘frammento’ appunto di temporama) non è visto necessariamente nel suo svolgersi univoco ma può essere osservato come un tutt’uno, in cui ogni momento è parte di un unicuum percettivo.

Restituire ciò artisticamente richiede l’accesso  ad  una  realtà  interiore, reale tanto  quanto  quella  fisica.  Dunque  l’alchimia:  attraverso  un processo chimico, che potremmo alchemico (in quanto l’alchimia è trasformazione spirituale oltre che materica) l’autore riesce a portare alla luce dipinti su tela che mutano autonomamente e ciclicamente, indipendentemente dall’osservatore.

Se il dipinto statico è da considerarsi specchio, poiché  quando  lo osserviamo proiettiamo su di esso i nostri moti dell’animo, in questo caso è provocato il processo inverso: la proiezione è indotta dalla metamorfosi stessa della  tela,  e  come  uno  specchio  l’osservatore  reagisce trasformando sé stesso; ristabilisce l’equilibrio attraverso un processo analogo e opposto al dipinto a cui fa fronte.

Dipinti stillati da un  processo  alchemico  che  ci  svelano  una trasformazione bidirezionale, distesa davanti a noi, mutevole eppure atemporale nel suo mutamento: frammenti di temporama di un tempo interiore, spirituale, svolto e riavvolto nell’esecuzione  dell’opera,  un periodo dell’anima  che,  come  un  ologramma,  racchiude  in  ogni  suo punto l’anima intera.

Cromatismo

Ciò che l’occhio non vede, l’anima coglie

I dipinti di ‘Imago Dei’  sono caratterizzati  da  un  particolare cromatismo che è frutto di un personale studio dell’autore sulla percezione del colore. Rispetto alla costruzione ab initio di un’immagine inventata, infatti, la percezione ha la potenza di riflettere, come uno specchio dell’interiorità, una verità immediata e magmatica, spesso  indecifrabile  consciamente anche per colui che percepisce.

Percepire, per la nostra mente, vuol dire quasi sempre percepire un contrasto: vedremo una luce tanto più forte quanto più è l’ombra che la circonda, così come vedremo un colore tanto più vivido quanto più la natura dei colori circostanti potenziano la forza cromatica del colore che stiamo osservando.

Questi studi, iniziati da Chevreul,  proseguiti  dagli  impressionisti  e  oggi ben definiti dalle neuroscienze, conferiscono alle percezioni un carattere quasi puramente scientifico. Afferrare qualcosa  di  così  intimo  e impalpabile come la percezione, infatti, porta inevitabilmente in sé la tentazione di inchiodare il tutto su un rassicurante muro di razionalità.

Invece l’autore, viaggiando ‘in direzione ostinata e contraria’,  parte  da questi studi per sviluppare un sistema in cui  possa  mettersi  nelle condizioni di trasporre su tela quanto più possibile  dell’interiorità percettiva individuale.

Osservando riferimenti fotografici in bianco e nero Filippelli si accorge che il cromatismo è comunque presente nella percezione, come un mare in tempesta nel deserto, e si presenta in questa visione  allucinatoria come onde di colori puri, ‘brillanti nell’oscurità, come una festa in paradiso’.

Pertanto la particolare palette cromatica utilizzata dall’autore in questi dipinti non è il risultato di una costruzione compositiva pensata a priori: è al contrario un  record di momenti allucinatori, in cui le  onde di colore puro percepite da riferimenti fotografici in  bianco  e  nero  sono memorizzate sulla tela, e  integrate all’interno di un chiaroscuro realistico per non snaturare l’effetto complessivo di trasformazione indotta dalla tecnica del temporama alchemico.

Eolo

Il Soffio della Vita

Il dipinto che apre la mostra è quello dal cromatismo ondulatorio più acceso, a simboleggiare una maggiore vicinanza con l’infinita energia potenziale dell’Universo appena creato, e una maggiore carica spirituale non ancora attutita dal razionalismo dei millenni successivi. Il volto di un Dio greco dell’antichità, un forte anziano dalla lunga barba bianca (archetipo di Dio in quasi tutte le culture occidentali) si contrae in una smorfia in cui le labbra si dischiudono e le guance si gonfiano. Tutto indica l’inizio: Eolo, Dio del vento, soffia e dalla calma piatta di un lago universale immobile e imperituro cominciano ad alzarsi le onde, distinte solo in apparenza, dell’individualità.

Medusa

Istantanea

Istantanea: la qualità che forse meglio di ogni altra descrive il concetto di morte. Moriamo tutti in un istante, pietrificati in un attimo eternamente sospeso tra il nostro intero passato, e un futuro di cui dubitiamo persino l’esistenza. Un istante in cui il tempo perde ogni significato, e pertanto qualunque cosa riesca a sfuggire dal dominio del tempo per  noi  non potrà più essere viva. Qual è il momento in cui l’osservatore si accorge che Medusa, pur continuando a fissarlo, non è più viva? Qualunque esso sia, quel momento sarà un istante. Un istante in cui l’osservatore, specchiandosi nella morte, troverà un varco per evadere dal tempo e, per un istante, fuggirà da essa.

Maria

Miracolo Artificiale

Maria, forza passiva nell’enneagramma, subisce la  passione e la  morte del figlio. Rappresenta l’umanità che si trasforma passando da una comprensione superficiale della morte (come qualcosa di immanente e definitivo) ad una nuova concezione della morte come apparente manifestazione fenomenica di una realtà altrettanto illusoria. Su  un piano di lettura più vicino, la Madonna che piange è per la società cattolica l’emblema del miracolo, ma cosa accade se qualcuno rivela che il miracolo è indotto artificialmente? L’osservatore passa da una consapevolezza solo superficiale, sensazionalistica, ad una comprensione più profonda e finalmente autentica: dietro il miracolo c’è un pianto di dolore, lo stesso pianto di un neonato che ha appena aperto  gli occhi sulla vita.

Giuda

Un Burattino

Giuda, forza attiva nell’enneagramma, innesca col suo tradimento la passione e la morte di Gesù. Tuttavia in questa particolare lettura degli avvenimenti Giuda non è consapevole del passo che sta compiendo. Il dipinto è incentrato sul concetto di inconscienza: siamo  come sonnambuli che nel sogno credono di essere svegli ma che nella realtà si stanno muovendo incoscientemente, senza il ricordo di sè. Così Giuda crede di pregare ma in realtà stringe il sacco con i denari. Crede di arricchirsi ma in realtà, tradendo la verità, si muove verso l’autodistruzione (simboleggiata dalla corda dell’impiccagione che gli compare dietro la testa). Giuda è quindi un burattino inconsapevole, infestato dagli istinti più bassi impiantati dalla società: dai demoni dell’avarizia, dell’egoismo, della sete di potere. Il volto di Giuda è un autoritratto dell’autore, che si rappresenta in queste vesti come monito per ricordarsi di restare sempre sveglio e non sottomettere mai la libertà artistica al denaro: vendere la libertà vuol dire tradire quella scintilla di verità che brilla nell’arte.

Maradona

Ecce Homo

Giuda, forza attiva nell’enneagramma, innesca col suo tradimento la passione e la morte di Gesù. Tuttavia in questa particolare lettura degli avvenimenti Giuda non è consapevole del passo che sta compiendo. Il dipinto è incentrato sul concetto di inconscienza: siamo  come sonnambuli che nel sogno credono di essere svegli ma che nella realtà si stanno muovendo incoscientemente, senza il ricordo di sè. Così Giuda crede di pregare ma in realtà stringe il sacco con i denari. Crede di arricchirsi ma in realtà, tradendo la verità, si muove verso l’autodistruzione (simboleggiata dalla corda dell’impiccagione che gli compare dietro la testa). Giuda è quindi un burattino inconsapevole, infestato dagli istinti più bassi impiantati dalla società: dai demoni dell’avarizia, dell’egoismo, della sete di potere. Il volto di Giuda è un autoritratto dell’autore, che si rappresenta in queste vesti come monito per ricordarsi di restare sempre sveglio e non sottomettere mai la libertà artistica al denaro: vendere la libertà vuol dire tradire quella scintilla di verità che brilla nell’arte.

Hitler/Madre Teresa

Standard

Nel Kybalion uno dei sette principi dell’Ermetismo, quello di ‘Polarità’, è così descritto: ‘gli opposti  condividono  la  stessa  natura  in  gradi  diversi, gli estremi si  toccano,  tutti  i  paradossi  possono  essere  riconciliati’. Questo dipinto rappresenta una provocazione per l’intelletto dell’uomo medio di quest’epoca, in cui è stata perduta ogni forma  di spiritualità  (se non quella apparente,  dettata  dalla  moda)  in  virtù  di  un  materialismo che banalizza qualunque aspetto dell’esistenza, imprigionandola in una gabbia di razionalità. L’intelletto umano è ad oggi quasi totalmente intrappolato nel dualismo, costretto a scegliere sempre tra il sì e il no (struttura binaria, questa,  caratteristica  anche  dell’intelligenza  non  viva). E tuttavia questo dipinto  ci  mostra  come  la  natura  duale  in  realtà  sia solo apparente, illusoria ed evanescente. Infatti, così come il caldo  e  il freddo sono due caratteristiche di una stessa entità (la temperatura) e si misurano con lo stesso strumento (il termometro), anche il bene e il male sono  due  caratteristiche  di  una  stessa  natura  umana,  e  dunque  l’una può trasformarsi nell’altra: il freddo può diventare caldo, l’odio può diventare amore.

Gesù

L’Ultima Tentazione

Cristo, forza riconciliante nell’enneagramma. Rappresenta l’assoluto che, nel processo di creazione dell’Universo si separa nel sì e nel no, in luce e ombra, maschio e femmina, bene e male. La morte di Gesù, in quanto assoluto, è pura illusione, e rappresenta un fenomeno di trasformazione che ricrea l’Universo riconciliando gli opposti, morte e vita, in un’unica verità intera, di cui l’uomo può avere solo un barlume di consapevolezza. Eppure Gesù nel Getsemani prega e chiede al Padre di allontanare  il calice di morte e sofferenza a cui sta per andare incontro. Dunque, al contrario di ‘Ecce Homo’, in questo dipinto è la natura umana di Dio a far brillare la verità: non ha senso negare l’esistenza fisica in virtù della verità assoluta poiché, nonostante sia in sé e per sé illusoria, la nostra percezione di essa è reale, e rinnegarla sarebbe una fuga dal mondo. L’invito è dunque quello di seguire l’esempio del Maestro e accogliere la paura, il dolore e la sofferenza così come la gioia e tutte le esperienze sensoriali, così da trasformare queste impressioni in nutrimento per l’evoluzione spirituale.