San Giovanni l’evangelista è il Santo del dualismo: è l’apostolo più giovane nell’ultima cena, al fianco di Gesù, ed è l’apostolo più vecchio quando molti anni dopo, ultimo sopravvissuto al martirio, avrà le terribili visioni che trascriverà nell’ultimo libro della Bibbia: l’Apocalisse. Giovanni è forse l’apostolo emotivamente più vicino a Gesù, eppure nel simbolismo cristiano è rappresentato da un’aquila per la sua capacità di raccontare gli eventi della buona novella con la visione teologica di chi ha contemplato, nell’alto dei cieli, la Vera Luce del Verbo (così come l’aquila, si riteneva, volasse così in alto da poter fissare direttamente la luce solare).
Nel libro dell’Apocalisse Giovanni racconta la storia del passato, del presente e del futuro dell’umanità come se fosse un’unica finestra temporale in cui gli eventi di ogni tempo si interfacciano e si compenetrano in un unico messaggio universale. Un messaggio terribile, celato all’interno di un intricato labirinto di simbolismi nuemrici e allegorie. Ma anche un messaggio di verità e speranza nella presenza e nel supporto di Dio nell’uomo.
In questo dipinto la vita di Giovanni è descritta riprendendo a ispirazione quella stessa compenetrazione atemporale di tempi e luoghi che si legge nell’Apocalisse: sul volto dell’apostolo prediletto, il più piccolo dei dodici, sono destinati a comparire le rughe e i segni del tempo con i quali appare più marcata anche la sofferenza del suo volto e del suo sguardo, sempre rivolto verso quella Vera Luce del Verbo che non ha mai smesso di fissare.
Dal calice appare un serpente con le sembianze di un dragone, lo stesso narrato nell’apocalisse come ‘bestia’, che (proprio come nell’Apocalisse) si manifesta come ‘verità’ emergendo da una coppa di vino avvelenata. Si narra, infatti, che ad Efeso venne offerto a Giovanni un calice di vino avvelenato, e prima di bere il santo fece il segno della croce sulla coppa e da questa ne uscì fuori il veleno, sotto forma di serpente verde. Riflesse sul calice vi sono due figure: al centro l’umanità inconsapevole, che non riesce a vedere la verità (intesa come il fluire naturale degli eventi) e per questo la fotografa, la separa dal tempo rendendola fissa e immutabile, falsa ma confortante. Sul lato destro del calice è invece riflessa l’umanità consapevole, ma terrorizzata dalla verità perché sprovvista della sua propria componente spirituale, senza cioè il supporto di Dio dentro di sé. La risposta a questo stato delle cose è scritta sul drappo in basso a destra, dove si legge una frase che Gesù pronuncia nel vangelo ma che può altresì racchiudere uno dei più importanti messaggi per l’umanità che emergono dalla cristianità Giovannea: ‘Nolite Timere’ i.e. ‘Non abbiate Timore’.
